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Multe e bollette: potremo pagarle in edicola. Anche di notte

di Barbara Liverzani

Le rivendite di giornali potranno anche fornire servizi come il pagamento di multe e bollette. Le novità sono contenute nel “pacchetto editoria” approvato dalla Camera

Nessun vincolo di orario, possibilità di vendere altri beni e servizi, informatizzazione e messa in rete di tutti i punti vendita: per edicole e rivendite di giornali sono in arrivo diverse novità. Il Governo ha preparato un pacchetto di misure per l’editoria, inserendolo nel disegno di legge “Istituzione di un fondo per il pluralismo e l’ innovazione dell’informazione”. Dopo l’ok della Camera, ora il provvedimento passerà al Senato per l’approvazione definitiva.

 

Si tratta in pratica di un nuovo pacchetto di liberalizzazioni (dopo quelle introdotte dalle leggi Bersani nel 1998 e dal Governo Monti nel 2011) con lo scopo di dare respiro a un settore in profonda crisi. Un numero su tutti: dal 2001 hanno chiuso circa 13.000 edicole su tutto il territorio nazionale.

 

Aperture libere e pagamento di bollette. Abolito già da tempo ogni vincolo (imposto dai Comuni) riguardo alle distanze minime tra un’edicola e l’altra, la legge in discussione introduce un nuovo tassello al processo di liberalizzazione del settore: ossia la possibilità di tenere aperta l’attività senza limiti di orario. In più la legge concede ai giornalai la facoltà di “ampliare l’assortimento dei punti vendita all’intermediazione di altri beni e servizi con lo scopo di accrescere le fonti di ricavo potenziali”. Di quali altri prodotti si tratta lo spiega a Consumi la deputata Annalisa Pannarale che in commissione Cultura ha seguito l’esame del testo di legge: “L’informatizzazione dei punti vendita permetterà di connettere le edicole e metterle in rete, un po’ sull’esempio di quello che avviene per i tabaccai, e quindi le aprirà alla possibilità di fornire nuovi servizi come il pagamento delle bollette o delle multe”.

 

Parità di trattamento. Verrà poi ammorbidita la cosiddetta “parità di trattamento”, ossia l’obbligo per i giornalai di mettere in vendita tutte le pubblicazioni che vengono mandate in edicola da grandi e piccoli editori, senza avere la possibilità di fare discriminazioni e non accettarne alcune o di renderne anticipatamente altre. Un obbligo imposto finora in nome del pluralismo dell’informazione che deve essere garantita in ultima istanza anche dalle edicole.

 

Adesso, il testo punta a rivoluzionare la parità di trattamento rendendola obbligatoria, a decorrere dal primo gennaio 2017, solo per “le pubblicazioni regolari e in occasione della loro prima immissione nel mercato”. In sostanza il vincolo rimarrebbe solo per le pubblicazioni regolarmente registrate presso il Tribunale, solo in occasione della loro uscita periodica (escludendo dunque i prodotti e i numeri vecchi) e solo per quelle che hanno stampata la data, la periodicità di uscita e il codice a barre. Per i prodotti “altri” che non sono parte di un progetto editoriale e non hanno contenuti innovativi non esisterà più alcun obbligo di vendita.

 

Le reazioni. Le novità introdotte non convincono i giornalai della Fenagi (Federazione nazionale giornalai) Confesercenti: “La crisi del settore è profonda, parliamo di 2mila edicole che chiudono ogni anno. Colpa innanzitutto del crollo dell’editoria di carta ma anche del sistema del pagamento in anticipo della fornitura a cui siamo obbligati e che porta a grossi squilibri finanziari”, dice a Consumi Ermanno Anselmi, coordinatore nazionale Fenagi. “La liberalizzazione selvaggia non è una risposta, ben venga invece l’informatizzazione della rete di vendita che dovrebbe portare a una maggiore efficienza della catena distributiva. Nella stessa ottica attendiamo il gennaio 2017 quando dovrebbe finalmente entrare in vigore (lo prevedeva una legge del 2012, ndr) l’obbligo della lettura dei codici a barre dei prodotti editoriali. In questo modo sarà possibile tracciare le vendite effettive e dunque ottimizzare la distribuzione dei giornali nelle edicole limitando la quantità delle rese: un costo per gli edicolanti, per i distributori e per gli editori”. Da Repubblica.it

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