Politica: Renzi vuole abbassare le tasse...speriamo !!! Lotto, estrazione dell' 11 Marzo 2014 gioca con Lottomio
Il governo si appresta a tagliare le tasse per la prima volta e di fronte a questa assoluta inversione di tendenza ogni polemica e ogni derby da stadio è «imbarazzante». Matteo Renzi anticipa poco, in concreto, delle misure sul cuneo fiscale attese per mercoledì, ma ribadisce l’impegno del governo «a favore delle famiglie», rispedendo al mittente le pressioni di lobby, sindacati o categorie. «Ascoltiamo tutti – afferma nel giorno in cui la Cgil ha avvisato esplicitamente di essere pronta alla mobilitazione – ma cosa c’è da fare lo sappiamo. Lo faremo non pensando alle associazioni di categoria, ma alle famiglie e alle imprese che hanno problemi reali».
TAGLIO DA 10 MILIARDI
Parole pronunciate in televisione ospite da Fabio Fazio, dove il premier non si sbilancia e non opta volutamente per una scelta precisa tra Irap e Irpef. Dei 10 miliardi a disposizione, un taglio «che non ha precedenti» come l’ha definito Angelino Alfano, distribuirne 5 a favore delle aziende e 5 a favore dei lavoratori non funzionerebbe, come «non ha funzionato» in passato. Eppure, continua Renzi, abbassare le imposte alle imprese «è una cosa che cercheremo comunque di fare», tentando allo stesso tempo di dare a chi guadagna 1.500 euro al mese «e non ce la fa», «qualche decina di euro in più al mese», in modo che «quei 100 euro possano essere rimessi in circolo, per andare a mangiare una pizza o comprare un astuccio nuovo», dando una spinta in questo caso ai consumi delle famiglie per spingere l’economia.
IL REBUS IRAP-IRPEF
Almeno fino a mercoledì il dilemma degli ultimi giorni tra Irap e Irpef è dunque destinato a rimanere insoluto, ma il messaggio alle parti sociali – forte e deciso, in perfetto stile Renzi – non può essere più chiaro. «Trovo abbastanza imbarazzante che per anni si sono aumentate le tasse ed ora che si stanno abbassando sono iniziate le polemiche “le abbassi agli altri e non a me”. Non dobbiamo pensare a un derby Confindustria-sindacati». Piuttosto, suggerisce il premier, «verrebbe da chiedergli, che avete fatto negli ultimi 20 anni per cambiare l’Italia?».
LA RISPOSTA AI SINDACATI
Fin qui il nodo fisco e il rapporto, tutt’altro che liscio, con le associazioni di categoria e sindacali. Se si schiereranno contro il governo, anche sulle misure sul lavoro e il sussidio di disoccupazione, «ce ne faremo una ragione», assicura il premier. Scatenando però la replica piccata del segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, che tiene a mantenere le distanze dalla Cigl di Susanna Camusso: «Renzi non faccia l’errore di fare di tutta un’erba un fascio. Ci sono sindacati e sindacati, come ci sono politici e politici. Tolga i paraocchi».
CAMUSSO: “PRONTI A SCIOPERO”
La Cgil passa al contrattacco. Se il governo non darà le risposte necessarie per affrontare l’emergenza occupazione e far fronte alle esigenze dei lavoratori, il sindacato è pronto alla mobilitazione e non esclude anche il ricorso all’arma dello sciopero. Stavolta non è solo il segretario, Susanna Camusso, ad entrare in rotta di collisione con Matteo Renzi, ma è il direttivo di Corso d’Italia a sfidare l’esecutivo, con un messaggio inequivocabile, proprio quando il leader della Fiom, Maurizio Landini, in una lettera a Repubblica fa le sue proposte al premier, chiedendo un maggior coinvolgimento dei lavoratori nelle politiche di crescita.
Concludendo la sua valutazione delle politiche economiche annunciate finora dal governo, la Cgil ha dettato la sua agenda e ha delineato la sua strategia: al centro dell’attenzione dei prossimi provvedimenti dovrà esserci il mondo del lavoro o il sindacato farà sentire con forza la propria voce.
IL RAPPORTO CON L’UE
Un altro rapporto tutto da gestire è quello con l’Unione europea. Domani il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, farà il suo esordio all’Eurogruppo, mettendo soprattutto l’accento sulla crescita, unica strada per riassestare anche i conti pubblici. Del resto, sottolinea ancora il presidente del Consiglio, la regola del 3% sul deficit/Pil è «una norma concettualmente antiquata ormai». Certo l’Italia la rispetterà «finché non sarà cambiata» e non sarà Roma a cambiare le regole «in modo unilaterale». (La Stampa.it)
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